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Maestri zen a domicilio

A mio parere, il modo migliore per indurre i bambini alla saggezza, alla meditazione o a qualsiasi altra cosa, particolarmente in tenera età, è viverle voi stessi, personificare ciò che volete insegnare e tenere la bocca chiusa. Jon Kabat Zinn

Molti di noi meditano o desiderano farlo. Altrettanti desiderano condividere questa esperienza con i propri bambini. E quindi cercano modi e opportunità per farlo. Così ho pensato di condividere le mie riflessioni di mamma (meditatrice) con figlio (adulto) che medita. Per sua scelta. E – sempre per sua scelta – se non dovesse più farlo, la cosa riguarderà solo lui.

Pratiche informali

Alcune pratiche sono molto informali: per esempio quella della sintonizzazione sul respiro. Non solo del mio respiro ma anche di quello altrui. In realtà non è nemmeno una vera pratica. È la ragione, pratica, per cui tenere un neonato in braccio ha un effetto rilassante. Tenendolo in braccio – senza accorgercene – iniziamo a sintonizzarci sul suo respiro che è diaframmatico e profondo. E così anche il nostro respiro diventa diaframmatico e profondo. Questo può diventare uno straordinario elemento di relazione e connessione, anche quando iniziano a crescere. E un modo per insegnargli, di fatto, cosa significa stare in contatto con il respiro. Fare attenzione al respiro degli altri ci può permettere di comprendere come stanno reagendo alle cose che accadono.Tanto più vero per un bambino: osservare il movimento del respiro in un bambino ci permette di dare un’occhiata alla loro vita, in una specie di “inside out”.

Rallentando e osservando il respiro delle persone a cui siamo vicini possiamo guadagnare una visione più intima e profonda, senza che questo richieda parole. Una visione che approfondisce non solo la nostra conoscenza dell’altro ma anche di noi. Certamente questo può essere un modo per condividere la propria pratica in famiglia: sintonizzarsi con il proprio respiro e “cercare” il respiro dell’altro, per respirare insieme.

La vita famigliare può essere un ambito perfetto per la pratica di consapevolezza, ma non per chi ha il cuore tenero, per gli egoisti, i pigri, i romantici inguaribili. Crescere i figli è uno specchio che costringe a guardarsi in faccia

Incominciare ad usare la mindfulness con i bambini

Susan Kaiser Greenland racconta come ha iniziato ad usare la mindfulness con i propri figli. Parte da un episodio: una festa di compleanno di suo figlio. Sei anni, un gruppo di coetanei che giocano tranquilli in giardino fino a che, senza apparente ragione, scoppia una rissa. Entrano in casa –  lei stava sistemando la cucina – concitati, sull’orlo di una tragedia. Prende un carillon, una di quelle palle con la neve che scende. Accende il carillon e chiede ai bambini, per il tempo della neve che scende, di mettere le mani sull’addome e seguire il respiro. La neve scende una, due, tre volte e i bambini si calmano e tornano a giocare. Sembra un miracolo ma non lo è. Susan ha fatto tre semplici cose: non si è preoccupata di capire prima di tutto cosa era successo ma di calmarli. Questo è il primo passo. Li ha aiutati a focalizzare l’attenzione sul respiro in modo naturale e piacevole. E questo è il secondo passo. Ha usato la sua intuizione e la sua calma per tornare presente. Il terzo passo che dovremmo ricordare sempre.

Fidarsi di ciò che emerge

La scena precedente ha un altro elemento tipico – una di quelle cose che rendono il mestiere di genitore davvero difficile – l’imprevedibilità. La festa era andata bene. Un attimo prima giocavano tranquilli e un attimo dopo è successa una mezza tragedia. Con i bambini la qualità dinamica dell’esperienza richiede attenzione ad un elemento particolare della vita: il cambiamento stesso. Se iniziamo a pensare che quello che sta succedendo sia “sbagliato”, qualcosa da correggere o eliminare, affrontare la vita con i bambini diventa piuttosto complicato. Susan avrebbe potuto cercare di riportare la calma che c’era precedentemente “risolvendo” il conflitto emerso. Come se fosse un  errore. La sua tattica ha funzionato perché, invece, ha accettato che le cose erano proprio così.

Lo spirito della consapevolezza è la pratica fine a se stessa, prendere ogni momento come viene, piacevole o spiacevole, buono, cattivo o brutto, e poi lavorare su quello perché è quanto abbiamo a disposizione in quel momento. Con questo atteggiamento la vita stessa diventa pratica. Jon Kabat Zinn

Non a caso “Fidarsi di ciò che emerge” è una delle linee guida del protocollo di Mindfulness Interpersonale. Le relazioni infatti sono – tutte – imprevedibili e mettono alla prova proprio la nostra flessibilità e la nostra disponibilità ad accettare il cambiamento. Fidarsi è la condizione basilare per essere disponibile di fronte al formarsi dell’imprevedibile, all’emergere del nuovo e dell’inaspettato.

Il processo di cambiamento che noi chiamiamo presente

Quando pensiamo al presente è facile solidificarlo in un attimo ben definito: tanto definito da permetterci di conoscerlo, esplorarlo e averne padronanza. Con i bambini questo tempo è più mutevole e inaspettato. Ci sembra di aver imparato a padroneggiare un aspetto problematico della relazione con loro e questo non si verifica più. Sono già andati oltre.

In realtà il presente è frequentemente caratterizzato dall’incertezza e dall’ambiguità, più che dalla stabilità e sicurezza.

E, paradossalmente, prendere atto dell’imprevedibilità ci offre una certa stabilità anche se significa rinunciare a quella pseudo sicurezza con la quale spesso copriamo la nostra paura del cambiamento. In fondo si tratta “solo” di entrare in una situazione senza avere un obiettivo preciso in mente. Questo non  significa che non abbiamo il diritto di sperare il meglio per i nostri bambini ma semplicemente riconoscere che non sappiamo con precisione come ottenerlo se non dando pienamente la nostra energia all’esperienza in corso.

Quale motivazione per la mindfulness per bambini?

Abbastanza inevitabilmente iniziare a praticare – se abbiamo figli – comporta anche qualche interesse nel condividere la nostra esperienza con loro. Pensiamo che ci faccia bene e che, se fa bene a noi, farà benissimo a loro che avranno il vantaggio di aver iniziato prestissimo.

Ma se guardiamo alla nostra motivazione che cosa possiamo dirci?

La consapevolezza dimora sulla cima della motivazione. Proverbio tibetano

Perché desideriamo la mindfulness per noi o per i nostri bambini o per entrambi? In parte c’è sicuramente il desiderio di condividere un’esperienza positiva e insegnare loro ad amare qualcosa che noi amiamo. In parte però – e non so quanta parte sia – è perché vogliamo cambiarli: ammorbidire asperità, risolvere difficoltà e trovare qualcosa che renda efficace il nostro essere dei buoni genitori. Non è detto che questa non sia una buona motivazione ma – guarda caso – dovrebbe essere consapevole.

Una piccola storia personale

Medito da quando avevo vent’anni. Così quando è nato mio figlio era abbastanza inevitabile che, prima o poi, finisse anche lui in un ritiro di meditazione. Quando era piccolo sia io che suo padre meditavamo con la tradizione del Siddha Yoga e frequentavamo un ashram nelle Catskill Mountain, vicino a New York. L’ashram madre era in India ma l’India ci sembrava – con un bambino piccolo – troppo difficile. Durante il giorno frequentava una specie di scuola materna interna all’ashram e quando noi avevamo gli intensivi di meditazione venivano organizzati intensivi di meditazione anche per bambini, in modo che i genitori potessero praticare senza difficoltà organizzative. Non mancava giorno che, quando andavo a prenderlo a scuola, non avessi un lungo elenco delle “non conformità” di mio figlio. Straniero, senza parlare inglese, si organizzava creativamente. Per esempio nascondeva sotto terra i suoi giocattoli preferiti per riprenderli il giorno dopo (orrore:non è generoso!); non era entusiasta delle canzoni di gruppo (Rimaneva incavolato senza profferire parola); manifestava il desiderio di non partecipare a giochi organizzati (Non riuscivano a farlo partecipare). Insomma ogni giorno andavo a prenderlo con il timore di quello che mi avrebbero detto. E con l’idea – chiara – che eravamo noi a voler meditare e lui si trovava lì per giocare. E aveva diritto a protestare sulla stravaganza della situazione. Alla fine, non mi sembrava di poter fare altro che solidarizzare con le sue difficoltà e rimproverarmi, quello si, che ero proprio un genitore anomalo! Nessun rimprovero a lui, un po’ di fastidio verso gli educatori che protestavano perché non era un bambino “meditatore” standard. Eppure oggi – a distanza di più di vent’anni – medita ancora. Insomma i conti si tirano alla fine e le proteste, le non conformità, sono sempre da rispettare e non da correggere.

La purezza del torbido si ottiene con la calma. La calma si ottiene generandola lentamente. Lao Tzu, Tao-te-Ching

Essere genitori: una pratica

I bambini vedono tutto dall’interno e da vicino: le vostre fobie, le vostre idiosincrasie, i vostri difetti, le vostre carenze, le vostre contraddizioni e i vostri fallimenti. Jon Kabat Zinn

Ciascun figlio – dice Kabat Zinn – costituisce un ritiro di almeno 18 anni, fatto di continua tenerezza amorevole e altruismo. Le loro necessità ci offrono continui stimoli ad esplorare chi siamo e come ci muoviamo nel mondo, continui suggerimenti a restare presenti, lasciando che la sorpresa che un figlio porta nella nostra vita ci cambi. Quando mio figlio era piccolo mi rendevo immediatamente conto se ero presente o no. La distrazione, l’essere altrove, facevano subito sorgere agitazione. Iniziava a combinare una serie di guai fino a che, capivo, che il problema era la mia disattenzione e non quello che faceva lui. Spesso, nel proporre la mindfulness ai nostri bambini, rischiamo proprio questo: di volere per loro qualche cosa che non facciamo per noi. E, alla fine, non può funzionare. Insomma, alla fine, possiamo dire che i nostri figli sono maestri zen a domicilio. E se impariamo a stare con loro, insegnargli la consapevolezza, la concentrazione, la mindfulness, sarà semplice come insegnargli a camminare: lo fanno da soli.

In quei giorni ero profondamente convinto, e lo sono ancora, che la consapevolezza del mio corpo, del mio respiro, del nostro stretto contatto fisico li aiutava a percepire una sensazione di calma e a esplorare stati di pace e accettazione. E la loro calma interiore, molto superiore alla mia e più pura, poiché pensieri e preoccupazioni da adulti non ingombravano la loro mente, aiutava me ad essere più calmo, rilassato, presente. Jon Kabat Zinn

© Nicoletta Cinotti 2016

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