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Coltivare un cuore aperto in classe

Coltivare un cuore aperto in classe ovvero breve lettera agli insegnanti

Mancano pochi giorni all’inizio del prossimo aggiornamento mindfulness per insegnanti. Stavolta presso la Scuola Palli. È la seconda esperienza e la prima, appena conclusa, è stata un progetto pilota: con lo slancio delle novità e l’imparare da quello che l’esperienza offre.

Così, per iniziare questo corso mi è venuto in mente di scrivere una lettera. Quasi la vorrei scrivere a mano tanto desidererei che toccasse il cuore di chi la legge.

Vorrei iniziare con due domande?

In classe cos’è che apre il tue cuore? E cos’è che tende a chiuderlo?

Cosa c’entra il cuore – direte voi – con gli insegnati e con la mindfulness? C’entra. C’entra tantissimo. Forse è la base. Coltivare un cuore aperto significa poter esprimere calore, compassione ed empatia, sia verso gli studenti che verso i colleghi. Significa anche essere consapevoli del modo con cui entriamo in relazione intenzionalmente e come possiamo contribuire a creare un clima relazionale adatto all’apprendimento. Si può imparare con un cuore chiuso? Credo di no. Perchè la mente non è separata dal cuore.

Questo è un aspetto tagliato fuori dallo sviluppo professionale di un insegnante come se fosse qualcosa di superfluo ma rimanere aperti ad un apprendimento esperenziale com’è quello della mindfulness richiede la disponibilità emotiva a risuonare con quello che succede nella classe e a quello che succede nel gruppo dei colleghi.

Questo coinvolgimento riguarda il cuore come la mente e sostiene la nostra capacità di autoregolazione.

Un cuore aperto non è senza confini

Un cuore aperto non è senza confini: tutt’altro. Avere dei confini chiari e avere un cuore aperto sono le due ali di un uccello: non potrebbe volare senza una delle due.

I confini ci permettono di riconoscere quando stiamo chiedendo troppo a noi stessi o agli altri. Ci permettono di essere consapevoli delle necessità delle persone, di fare dei passi indietro. Sì, perchè avere un cuore aperto può voler dire fare dei passi indietro e non solo e sempre avanti.

È difficile avere un cuore aperto se non sappiamo come riprendere il controllo della situazione. Se non abbiamo creato un clima di rispetto e fiducia nella classe.

Mettere dei confini non è chiudere il cuore

Un primo confine importante è quello tra casa e scuola: mettere dei confini non è chiudere il cuore ma lasciar andare le tensioni che non riguardano il luogo in cui siamo. Non portare la scuola a casa e non portare la casa a scuola. Come fare?Onoriamo la transizione. Un buon modo può essere una breve pratica silenziosa tra casa e scuola per concludere quello che c’è da concludere e aprirsi al luogo dove stiamo arrivando. Questo è un buon modo per usare la mindfulness. Non è arrivare a scuola e far meditare i bambini o arrivare a casa e dire ti farebbe bene un po’ di mindfulness anche a te. No, questo sarebbe un modo per trasformare la mindfulness in uno strumento di disciplina e, invece, è uno strumento di amorevole cura e apprendimento.

Comunque qualsiasi cosa ci aiuti a fare una demarcazione è utile: può essere fare la strada con una collega, o prendere un caffè con la bidella (ma non si chiamano più così vero?). Qualsiasi cosa che onori la transizione è un modo per essere presenti.

Quando è aperto e quando è chiuso il mio cuore in classe?

Queste due semplici domande possono aiutarci a comprendere meglio il nostro mondo interno e come la nostra esperienza interiore si riflette sulla nostra capacità di provare empatia, sulla nostra capacità di costruire buoni legami.

Quando il cuore è chiuso possiamo diventare molto reattivi a comportamenti che, normalmente, sapremmo gestire. Possiamo chiuderci per paura della critica, per paura di venir feriti, per attaccamento al programma della giornata, perchè ci sentiamo sopraffatti, per paura di sbagliare, perchè temiamo che ci sia una situazione difficile o perchè siamo in una situazione difficile. Perchè crediamo di non aver tempo per una maggiore apertura ma l’apertura non richiede tempo: richiede coraggio. Bisogna avere il cuore di farlo, per tornare all’etimo della parola coraggio..

Un sincero inquiring del panorama interno può aiutarci a riconoscere le nostre difficoltà e a prestare soccorso prima di tutto a noi stessi. A partire proprio da lì, dal prestare soccorso a noi stessi.

© Nicoletta Cinotti 2018

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