Negli Stati Uniti il tasso di obesità e sovrappeso tra i bambini e gli adolescenti è un problema di grande rilevanza sociale. Negli ultimi anni, anche nel nostro paese, non sembra un fenomeno trascurabile.
Il ministero della salute stima che in Italia 12% dei bambini risulta obeso, mentre il 24% è in sovrappeso: più di un bambino su tre, quindi, ha un peso superiore a quello che dovrebbe avere per la sua età.
Questi dati assumono particolare rilevanza sia per le conseguenze dirette dell’eccesso di peso sulla salute fisica, psicologica e sociale dei bambini, sia per le complicazioni a cui possono dare adito durante lo sviluppo.
L’influenza dei fattori psicosociali sul comportamento alimentare in adolescenza
I fattori psicosociali sono spesso trascurati nei programmi orientati al dimagrimento e all’adozione di comportamenti alimentari salutari, tuttavia la letteratura scientifica ne evidenzia l’importanza.
In particolare le ricerche hanno individuato tre fattori psicosociali che influenzano il comportamento alimentare in adolescenza: lo stress fisiologico, lo stress psicologico e l’insoddisfazione corporea.
Molti studi confermano che i giovani in sovrappeso hanno un senso di autostima più basso rispetto ai coetanei non in sovrappeso e sperimentano un livello più elevato di stress emotivo. Inoltre adottano con più frequenza comportamenti di binge eating (cioè l’assunzione di una grande quantità di cibo in poco tempo).
Alcuni giovani in sovrappeso sembrano trovarsi in una situazione di difficoltà e sofferenza che, specie se accompagnata da strategie di autoregolazione scarse o inefficaci, li può portare a rifugiarsi nel cibo per gestirle.
Anche per quanto riguarda la depressione la letteratura scientifica identifica delle connessioni bidirezionali tra la condizione di sovrappeso e la presenza di sintomi depressivi.
L’insoddisfazione per il proprio corpo, inoltre, rappresenta un ulteriore fattore di rischio. È stato riscontrato come i giovani in sovrappeso abbiano una maggior probabilità di adottare comportamenti tipici dei disturbi alimentari, inclusi l’uso di metodi di controllo del peso insalubri, diete restrittive e binge eating.
Gli stressor psicosociali, come condizioni di vita avverse o un ambiente faticoso, sono un altro fattore importante da considerare.
I programmi di minful-eating
La mindfulness può essere definita come “consapevolezza che emerge dal prestare attenzione, nel momento presente, in modo non giudicante, allo scorrere dell’esperienza momento dopo momento”.
I programmi mindfulness-based sono stati adattati anche per permettere cambi salutari di dieta. Hanno avuto esiti positivi in quando capaci di influire sia sui livelli di stress psicologico, sia sulla gravità di alcuni disturbi alimentari e sulla perdita di peso.
Riconoscere e prevedere i trigger
È proprio a partire dall’attenzione non giudicante e dall’accettazione dell’esperienza presente che si acuisce la consapevolezza di sé, lasciando spazio gradualmente alla possibilità di riconoscere e di interrompere i pattern di risposta disfunzionali abituali.
Attraverso la pratica di mindfulness si può imparare a riconoscere i segnali del nostro corpo e della nostra mente per creare, là dove vi è una reazione abituale e iper-appresa, uno spazio di risposta, nel quale scegliere consapevolmente quale comportamento adottare.
Il punto fondamentale di questi programmi consiste nell’uso della minfulness, o dell’accrescimento nella consapevolezza degli stati mentali e fisici, per individuare i trigger (“inneschi”) che portano all’attivarsi di comportamenti alimentari dannosi.
L’evitamento dell’esperienza interna
Molti problemi comportamentali (compresi quelli del comportamento alimentare) sono collegati all’evitamento o alla fuga da esperienze interne spiacevoli. Alcune ricerche confermano come negli individui sovrappeso sia spesso presente questa strategia di regolazione emotiva.
Prendere contatto con le esperienze spiacevoli, senza giudicarle o reagire, può aiutare a non esserne sopraffatti in maniera incontrollata e può permettere di interrompere i pattern di reattività automatica.
Riconnettersi al corpo
I programmi di mindful eating, inoltre, promuovono uno stile alimentare che si basa sul riconoscere i segnali fisiologici di fame e sazietà, piuttosto che incentrare l’alimentazione su regole dettate dall’esterno.
Riconnettendo l’individuo con il suo personale senso di fame e di pienezza e rafforzando la consapevolezza dei trigger fisici ed emotivi a mangiare in modo reattivo, le persone possono sviluppare fiducia nella possibilità del loro corpo di sapere quando e quanto mangiare, mentre utilizzano altre strategie per prendersi cura di sé e fronteggiare lo stress psicologico.
Gli interventi mindfulness-based con i giovani in sovrappeso
La letteratura scientifica indica come con i giovani in sovrappeso sembrino essere particolarmente rilevanti tre fattori terapeutici, coltivabili attraverso percorsi mindfulness-based:
- L’esperienza di accettazione come abilità positiva per affrontare le difficoltà e per scegliare consapevolmente le risposte agli stressor psicologici;
- L’autoregolazione attraverso lo sviluppo della consapevolezza dei segnali emotivi e fisici che spingono a mangiare;
- La compassione come strada per coltivare auto accettazione e soddisfazione per il proprio corpo.
Un altro ingrediente importante consiste nel coinvolgimento di tutto il nucleo famigliare negli interventi di promozione di comportamenti alimentari salutari.
Gli interventi sistemici si sono dimostrati più efficaci, soprattutto per quanto riguarda i risultati a lungo termine. Quest’efficacia è legata a due ordini di fattori. Innanzitutto coinvolgere l’intero nucleo famigliare permette di sostenere maggiormente l’adolescente in un vero e proprio cambiamento di stile di vita. In secondo luogo relazioni familiari positive rappresentano un fattore di protezione alle difficoltà psicologiche, aiutando l’adolescente a gestire e sostenere le difficoltà della crescita.
© Daniela Rosadini, 2017
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